Caratteristica rappresentativa ed eclettica dell’esperienza poetica di Silvana Leonardi è certamente legata alla sua attività artistica. Una considerazione, questa, che dai più banali può essere sussunta semplicemente da una ricerca formale del verso. Di una formalità assolutamente letterale: la tendenza a disporre e a costruire i versi attraverso figurazioni su carta, oltre la semplice e canonica verticalità, è indice di questa ricerca più o meno iconografica che caratterizza la potenzialità e la postura di chi familiarizza ogni giorno con una generazione artistica che punta a raffigurare, a rendere nella materialità di senso. E così, il tessuto artistico di Silvana Leonardi sarebbe liquidato nelle varie geometrie esplicite ed allusive che si generano su carta: sono le gocce d’acqua, le sinusoidi, i vasi, i ventri, le iperboli, le figure romboidali ed altre ancora. In una riflessione, forse più perspicace, ci si limita talvolta ad inquadrare come la disposizione “versa-tile” sia precisamente liquida in senso contrario: i versi, per intenderci, ed il loro contenuto ne condizionano la loro disposizione, la presa di possesso geografica e di senso del testo su carta. È, come possiamo ben capire, una liquidità inversa. Non la struttura interna, centrifuga, ad essere plagiata dalle forme connotative; ma la struttura esterna, la solidificazione del contenitore, ad essere plasmata e composta con piena pertinenza. Seppur ben istradati, anche in questi termini, si sarebbe in una considerazione ancora superficiale.
Perché in Silvana Leonardi, quella che potremmo definire una necessaria conciliazione tra materia e forma, tra elementi essenziali di un’espressione, diviene tutt’altro che motivo marginale, per essere colonna costitutiva. La ricerca è non solo nella visualità del verso, ma negli arnesi, nelle materialità del verso. Così, l’esteriorità è solo risultante di una concitazione sintattica e semantica intra-testuale; mai extra-testuale. Il rimando a geometrie flessuose e figure rigorosamente dinamiche è consequenziale ad una sintassi quasi cubista, volta a sfilacciare periodi consistenti e finiti in rivoli sia di disposizione che di posizionamento lessicale e sintattico. Il senso quasi di flusso imperante, che dona voce ad unica grande esposizione coreograficamente compatta, si rispecchia nell’impossibilità di porre un limite esatto tanto nella materialità del verso, tanto nell’architettura dei significati. L’assenza, infatti, di segni di punteggiatura, i diversi e ben composti enjambment, le ricuciture delle componenti di un singolo periodo in corpi aperti ad una possibilità molto più ampia di significati e significanti confluiscono proprio nella potenzialità di senso quasi onnipotente. È in questo trascendere la comune grammaticalizzazioni che sta il lavoro labirintico di Silvana Leonardi. Lavoro, chiaramente esemplificato in Psicogeometrie erranti (Bertoni Editore, 2025), che non a caso è sintesi di ben dieci anni di lavoro e produzione poetica.
Lavoro labirintico che, a differenza di esperienze rigorosamente neo-avanguardiste, non approda a cerebellotiche soluzioni, ma, con ardire diretto, dona continuamente dei riferimenti, seppur fluidi seppur mai ipostatizzati, fungono comunque da segnalazione. Perché l’esperienza poetica di Silvana Leonardi è certamente assai compatta, composta ed armonica: non si muove né in una simbolizzazione che si stacca dalla materialità del mondo per indagare l’esistenza dell’ombra, né scade tuttavia nella semplicistica diaristica di un mondo lineare. Essa, piuttosto, con un tono tutto personale, chiama gli oggetti, chiama le cose, le evoca senza riferito, pur disponendole in uno stato esistenziale diverso. Si tratta di un’operazione, questa, che alimenta il dialogo con un mondo personalissimo: di un mondo che più che per profondità verticali, si guarda per trasversalità ed irrobustisce questi legamenti collaterali con grande artificio e profondo spirito artistico e critico. Siamo innanzi, allora, ad un poesia che più che rendere l’incanto o la significazione profonda nel singolo nucleo di parola, irrobustisce la ricerca rizomatica, ricolloca le radici con comportamenti quasi sistematici e definisce un incantesimo, un fondo di organismo, d’insieme.
In Psicogeometrie erranti, infatti, si assiste ad una metamorfosi quasi rituale, nella quale da un’atmosfera naturalistico-idillica, sorretta anche da un lessico solenne e robusto, si arriva ad una strozzatura, al coupe de theatre che, non di sorpresa, coglie e destina verso una nuova patria, preparata sapientemente. È, si può dire, il rotocalco del buio e della luce, la loro lotta scomposta, abisso positivo e negativo che vengono alla resa dei conti per se stessi ed all’interno di una vita intera. Perché sono, in fondo, queste le psico-geometrice erranti: la grazia santa dell’errore mostrante il motivo della limitatezza umana; le scorribande senza approdo dell’anima – o, meglio ancora – le scorribande di una vita esperienziale intera che hanno sul loro groppone resti e residui, leggi a-posteriori; la ricollocazione di tutto il linguaggio della vita e della propria storia in una farraginosa sapienza che fa essere labrinticamente lucidi dinanzi alle contraddizioni della vita e del presente; ma soprattutto la forza, quasi corsara, di denunciare il mondo e di farlo con la nettezza di chi ama, per quanto possibile, disperatamente la vita.
Silvana Leonardi, infatti, non pecca mai di eufemismo: fa, piuttosto, del diretto ferimento, talvolta anche prosastico, il motivo di un giudizio netto sul mondo, sulla società odierna, sull’arte, sugli archetipi culturali, sulle trame esistenziali, sui moniti culturali e non sottrae il testo ad una premitura formale che fa sobbalzare queste nette condanne e critiche riflessioni. Il tutto, però, con una sistematicità autentica, con un magmatico e seriale controllo di dirompenza ed esplosione artistica. Ritroviamo, allora, il saliscendi tra la calma fluttuante di un buio propiziatorio o di un’immanente quiete di tenebra, squassati – negativamente – dall’insorgere del magma negativo dell’indefinito, della falsa rivoluzione, della mascherata, – positivamente – dall’approdo alla poesia, a questo melodioso corpo contundente che vivacizza il senso ultimo delle cose: lo rende esplicito ed afferrabile. Per ritornare, in conclusione, al lascito, segnato quasi sempre dalla conclusione dei testi poetici con versi mono-verbali o di unica espressione di senso: quasi come a ridurre.
Silvana Leonardi nasce a Roma dove, dopo essersi laureata in Storia dell’Arte e in Filosofia, inizia la sua attività di insegnante, di artista e di performer organizzando tra l’altro mostre e dibattiti sulla produzione artistica femminile e dove diviene condirettrice della rivista trimestrale ARTI VISIVE. Poesie, opere, installazioni e performance sul tema dell’identità, del trauma e della marginalità testimoniano il suo interesse per la contaminazione tra arti visive musica teatro e scrittura. Nel 1995, in occasione di una personale presso il Mozarts Geburtshaus di Salisburgo presenta l’installazione multimediale Karussell. Le sue opere sono state esposte in più di un centinaio di mostre personali e collettive in Italia, Austria, Egitto, Francia, Spagna, Germania, Malta, Stati Uniti e Svizzera e sono presenti in collezioni pubbliche e private italiane e straniere e in musei e fondazioni. La sua attività è documentata in pubblicazioni edite da istituzioni e da privati (Anni Quaranta della Storia dell’Arte Italiana del ‘900, ed. Bora, Collezione Arte Contemporanea, ed. S.T.M., Annuari Roma Contemporanea 1996-1998, Enciclopedia di Roma, Newton Compton Editori, Roma 2005) e presso archivi e centri di documentazione. Negli ultimi anni ha iniziato a collaborare con i suoi testi poetici e verbo-visuali e i suoi testi critici a cataloghi, antologie e riviste on-line e cartacee e con Bertoni editore ha recentemente pubblicato “ritratti in/versi”, dedicato a 30 figure femminili fondamentali nella sua -e non soltanto sua- formazione artistica e letteraria e che hanno contribuito a quel “sapere femminile” ancora oggi spesso misconosciuto e che con perdurante difficoltà si può considerare facente parte del “sapere” universale. Ha pubblicato in poesia Ritratti in/versi (Bertoni, 2024) e Psicogeometrie erranti (Bertoni, 2025).

