Dopo “La Cruna della notte” (sempre per Ensemble, 2022) Luciana Raggi prosegue il suo percorso poetico con questo libro dal titolo emblematico, ma forse anche ambivalente. La bolla evocata è sfera ariosa e leggera, volteggia e danza come soffio, dunque un’ immagine di libertà, di ribellione alle regole, come evidenzia la prefatrice Michela Zanarella e come del resto sembra suggerire la prima delle cinque sezioni che compongono il libro: Senza punteggiatura contiene testi indicatori di un disordine, esistenziale, emotivo, di carte e oggetti sparsi: disordine vitale sulla scrivania/ caos dall’ordine imperfetto/ che rassicura/ so che c’è tutto/ ma sarà complesso trovare/ il foglio dimenticato/ l’appunto tralasciato/ il nome sottolineato/ che si rivela tuttavia fonte di creatività : qui in questa confusione/nell’ininterrotto ricercare/qui mi raggiungono i versi/ e cucio ostinata parole a parole/; il disordine personale (che l’autrice mostra con naturalezza, quasi fosse un punto di partenza della propria attività poetica) incontra quello del mondo e ne trova a volte anche l’intesa, grazie a un verso, ed è il miracolo della parola, della Poesia che si fa tramite tra sé e altro da sé, genera attimo di pura felicità /che ha dentro un po’ d’eternità, nonostante quella felicità possa rivelarsi effimera o stonata.
Man mano che scorriamo il libro ci si avvicina a un mutamento della percezione delle cose, una virata più decisa e forse anche dolente, così la bolla perde lievità, si fa condensa che argina le fughe, i voli, è metafora di dolore, di oppressione, è sfera che chiude, la casa è una scatola chiusa, da affrontare con sarcasmo e lucida consapevolezza:
sei bella/la bellezza non ti proteggerà dalla malinconia/
sei bella/la bellezza non ti proteggerà dal male/
sei in una bolla fragile e precaria/puoi ballare bella mia/ balla pure/ ma dentro la tua bolla
In tale contesto spiazzante, in tale virata antilirica, che ritma i versi come una ballata provocatoria, anche il mito è oggetto di sottile scherno, rievocato dall’autrice e adattato ai tempi moderni, alla fragilità e tragicità delle relazioni amorose. Ecco dunque Apollo bello e stolto e Dafne fuggitiva lei donna come sempre penalizzata… ma come pianta d’alloro simbolo di poesia/se non altro rispettata; ecco un Principe Azzurro ridicolizzato da una Bella addormentata che s’é svegliata prima del previsto ed è sparita..Ecco che la drammaticità e la difficoltà delle relazioni amorose vengono demitizzate, ironizzate, in quanto la sola arma dell’ironia le rende accettabili nel bene e nel male.
Seguono le altre tre sezioni Fuori misura, Parole Sorelle, Storie di famiglia.
In tutte emerge con forza l’intento di Luciana Raggi di avviare parallelamente un dettato poetico di riflessione intima e al tempo stesso rivolta all’esterno, oltre a una ricerca onesta di sperimentazione, quest’ultima in particolare si manifesta eliminando la punteggiatura, o nell’organizzazione grafica del testo, nei numerosi spazi tra una parola e l’altra. Ma in tale ricerca sperimentale, che non è mai fine a se stessa, ma è sentita necessità, è sempre presente la matrice tradizionale, fatta di rime, assonanze, anafore, quali testimoni di un linguaggio poetico di cui l’autrice ha conoscenza e con le quali ha dimestichezza.
In tutte le sezioni del libro emergono la cura della parola e l’attenzione a rendere le parole nella loro essenza più vera, oltre il sentire e il pensare, affinché resti di questa bolla la forza, la leggerezza e il peso delle parole, nella loro infinita molteplicità, come descritte nel testo della sezione Parole sorelle di cui riporto alcuni versi:
le poesie raccolgono/parole sguardo/ parole nutrimento/ parole pietre da tormento/ parole sparpagliate/ al vento abbandonate/ parole dalla consuetudine banalizzate/ e anche parole rifiutate/ ripescano dalla nebbia parole distratte/ dette giusto per dire /per fare loro ritrovare/ la forza di farsi ricordare/
Infine, dopo l’ultima sezione di dediche intense alle persone amate, Storie di famiglia, il lascito più struggente e autentico, in questi brevi stringati versi una dichiarazione poetica, ma anche l’eco di una illuminazione profonda sul senso ultimo del nostro passaggio: c’è una fine ma senza punto…
il non detto/
nel bianco/
del non scritto/
silenzio/
siamo alla fine/
senza punto
Luciana Raggi (Sogliano al Rubicone) vive a Roma. Ha pubblicato Sorsi di sole e Un bastimento carico di (2010), Oltremisura (2015), il poemetto S’é seduta, utilizzato anche come testo teatrale (2017), Variazioni minime (2020), La cruna della notte (2022). Ha curato una raccolta di zirudéli in dialetto romagnolo di Decio Raggi e, negli ultimi anni, antologie e lavori collettivi di vario tipo.

