Fare comunità significa entrare in un percorso di apertura e accorta auto-limitazione. La volontà e la capacità di distruggere la propria cortina, di estendere le maglie personali per riconoscersi inter-soggettivi, di valorizzare lo statuto primario sostanziale della relazione, al punto da garantire che la stessa soggettività, per essere adeguatamente riconosciuta, debba identificarsi entro il costruttivo rapporto con le alterità, sono il presupposto programmatico universale di una Comunità Ecobiofilosofica. Un presupposto, va precisato, né semplicemente morale, né semplicemente etico, né semplicemente pragmatico e pratico, né semplicemente religioso. Si tratta, piuttosto, di un presupposto naturale, dato dalla sola e semplice ontologia biologica che caratterizza ciascun essere umano, ciascun vivente. L’obiettivo, allora, di una spiritualità incarnata, di un’incarnazione spirituale, di una composizione rizomatica delle relazioni è tanto complesso, quanto implicitamente costitutivo dello stato esistenziale d’ogni essere umano. Dar voce – o, meglio ancora, far essere – questa naturalità per ciascun individuo è, dunque, un dovere che risponde alla semplice auto-riflessività e alla più pura e costitutiva ingenuità esistenziale, divenuta ormai intrascendibile.
Per arrivare a questo primo presupposto, abbiamo fatto sì che Comunità Ecobiofilosofica vivesse circa due anni esplorativi, nei quali abbiamo, anzitutto, sistematizzato criticamente le nostre riflessioni e le nostre primissime conclusioni. Due anni, nei quali abbiamo fatto la conta degli aderenti; dove per aderenti si intende, specificamente, chi ha scelto di abbracciare responsabilmente il desiderio di una riedificazione teorica, epistemica, scientifica, spirituale, artistica, linguistica, psicologica, politica, ecologica, civile, economica, del vivere quotidiano, attraverso contributi specialistici volti a chiarificare, anzitutto, le problematicità del nostro tempo, senza personalismi. Crediamo fermamente, in tal senso, in un’unità di co-azione e co-pensiero radicale, in cui la diversità delle origini culturali, biografiche, specialistiche, biologiche, concorrono alla definizione di un unico grande flusso dialogico, perennemente teso e perennemente capillare. La Comunità Ecobiofilosofica, infatti, né limita le spontanee adesioni, né accoglie senza congrua analisi riflessiva.
Consapevoli di quanto possa essere controproducente il desiderio di sfruttare un progetto che faccia della rivalutazione del mondo e della sua messa in discussione il proprio punto cruciale, abbiamo, fin da subito, attuato una cabina di regia che facesse da collante e raccogliesse le testimonianze di chi è già Comunità Ecobiofilosofica: di chi sente, dunque, come necessario un percorso radicale di de-individualizzazione, anzitutto, affinché ad emergere sia il corredo relazionale e la forza di una rivoluzione congiunta, variegata, multipolare e pluristratificata. Abbiamo, quindi, intervistato specialisti la cui formazione umana, professionale e di ricerca riesce già a focalizzarsi su nuove prospettive e su nuovi progetti concreti di ri-costruzione. Abbiamo intervistato realtà che già operano come Comunità Ecobiofilosofiche e che, pragmaticamente, vivono la quotidianità della relazione edificante. Abbiamo intervistato poeti, capaci di ricalibrare i linguaggi.

Ora, siamo pronti per il primo appuntamento pubblico, che renderà effettivo e chiaro il nostro impegno pratico. Ora siamo pronti ad enunciare chiaramente quali siano i nostri punti essenziali, attorno i quali muoveremo il nostro operato teorico e pragmatico, senza ideazioni e senza surrealismi:
- riedificare il senso civile e pratico d’essere comunità, abbandonando ogni tentativo di far emergere individualità ego-gravitanti e volte a far prevalere l’interesse personale e particolare, a fronte di un’azione sinergica e condivisa nelle strategie, negli atti, nelle visioni. Ad emergere sarà l’esistenza della Comunità senza alcun particolarismo;
- riportare al centro la co-esistenza e co-varianza tra “corpo” e “spirito”, evidenziando tutti gli sforzi fenomenologici volti a costruire un’identità omeo-patica ed olistica; volti a chiarificare quale reale inter-azione si ritrovi tra vissuto e somaticità. La nostra laicità non rinuncia mai ad un’esperienza strutturale e spirituale;
- rimodellare i linguaggi, tramite un’intensa analisi artistica che evidenzi anzitutto una posturalità poetica (più che una semplice esteticità o filologia da prodotto), abbandonando tutte le scorribande artistiche e sociali conservatrici o falsamente rivoluzionarie. Una semio-genesi dei linguaggi passa proprio per un’indagine attenta entro gli asservimenti dei linguaggi già applicati ed entro le ignoranze che hanno disarticolato la relazione individuo-espressione;
- ristrutturare i modelli politici a fronte di una radicalizzazione delle guerre, degli scontri, dei genocidi, come mezzo di assestamento geo-politico e, purtroppo, umano. Sarà la nostra una ristrutturazione critica e calmierata, pacata e lenta: volta, soprattutto, ad allontanare ogni fascino rivoluzionario da slogan o ogni idealismo utopico;
- ripensare le relazionalità economiche, civili e sociali in risposta ad un’epoca post-capitalistica marxiana, capace di raggiungere l’apice della pervasività del giogo produttivo, evidenziando monetizzazioni relazionali, ideologiche, teoriche, espressive, produttive. Il dialogo con comitati, sindacati, comunità lavorative, esperti di economia circolare e di sani modelli alter-capitalistici o semi-capitalistici sarà una delle strade maestre per perseguire quest’obiettivo;
- ricondurre all’originalità della natura e del costruito umano, tramite la difesa dell’integrità fisica, ecologica, biologica e valoriale del mondo: del mondo naturale ed umano. Coordinare associazioni che già operano sul campo, garantire un confronto tra saperi, un’azione coordinata ed un supporto teorico, è quanto mai essenziale per raggiungere un’operosità sistematica e ben calibrata;
- placare ed inspessire gli animi della critica civile ed intellettuale, consapevoli che nell’era dell’iper-digitalizzazione e dell’iper-democratizzazione del pensiero il confronto qualitativo sia ormai un miraggio. Intavolare tavole di confronto e creare una vera e propria scuola di arti e pensieri è l’unica risposta a questo impoverimento;
- offrire una casa d’accoglienza
- offrire una casa di confronto
- offrire una casa di pace autentica.

Chiariti questi intenti, annunciamo che il prossimo 8 novembre, a Napoli, presso la Chiesa di San Severo al Pendino, avrà luogo il primo Festival di Poesia ed Arti Performative. Festival che ci farà uscire pubblicamente e che, tramite varie espressioni artistiche, comincerà il lungo percorso operativo e formativo appena annunciato. Festival, godente del patrocinio del Comune di Napoli, che sarà da apripista per incontro successivi e sempre più specialistici. In questo modo, si potrà constatare fattivamente cosa significhi essere una Comunità Ecobiofilosofica.
La strada è tracciata: il vento è a poppa!
Vincenzo Crosio, Giansalvo Pio Fortunato, Francesco Terracciano

