Spesso la poesia manca di teorizzazioni, di codici etici che non definiscano a tavolino la forma espressiva poetica. Piuttosto, si attendano di comprendere in maniera vigile e cosciente cosa significhi far esperienza della naturalità analitica ed ermeneutica del percorso poetico.
Ne parliamo con Sergio Daniele Donati, poeta, critico e fondatore di “Le parole di Fedro”, blog di approfondimento poetico ed espressivo.
La forza della poesia sta, non solo, nell’espressione poetica, nel verso preso per se stesso; ma anche nel riuscire ad interrogarsi sulla poesia, nel riuscire a scovare i punti cruciali dell’atto poetico e, con esso, della stessa parola. Che senso e che valore ha per te un’etica della parola?
Hai ragione; la “forza della poesia” non sta solo nell’espressione poetica ma anche, e per me soprattutto, nel dato pretestuale.
La poesia ha una sua “gestazione” che si forgia nel silenzio, nella postura anche corporea che il poeta prende nei confronti della scrittura. Il dato della fisicità della scrittura è sempre più disatteso ed ignorato e invece poggia su una precisa “idea etica attorno alla parola”, ancora prima che della poesia in sé.
L’indagine attorno alla “Etica della parola” per me – e per pensatori di ben altro peso rispetto a me – ha un senso profondo perché attiene le motivazioni della scrittura, che, a ben vedere, è sempre un atto modificativo della realtà, anzi, costitutivo di nuove realtà.
Essere coscienti, quando scriviamo, di ciò che comporta in sé, al di là dei contenuti e dei significati, “scrivere”, e in particolare “scrivere poesia”, è ciò che a mio avviso più manca nel panorama contemporaneo.
Farlo, invece, comporta sviluppare un forte sentimento e legame con un flusso millenario di scrittura ed arginare una tendenza, ahimè sin troppo vivace, di un approccio egocentrato alla scrittura.
Cerco di tradurre questo mio pensiero in altri termini maggiormente interrogativi.
Sono domande che pongo costantemente e da sempre a me stesso, in primis.
Siamo coscienti, quando scriviamo, di ciò che stiamo compiendo, della portata di un gesto dalla storia millenaria che ha avuto inizio molto prima di noi e continuerà ad avere enorme portata ben oltre la nostra individuale esistenza terrena?
Questo è per me “etica della parola e della scrittura”.
LA parola è argilla sacra, anche per chi non crede, e essere cosciente della necessaria elevazione che l’atto di scrivere comporta è per me necessario, PRIMA DI SCRIVERE.
Perché in fondo ogni parola che emerge sul foglio bianco comporta una eradicazione della stessa dal reame del silenzio ed anche un atto di abbandono di ogni altra parola che su quel foglio viene eletta.
Siamo coscienti di tutto questo quando scriviamo, intendo del dato di scelta ed abbandono che ogni scrittura comporta?
Da diversi anni, credi in un’operazione divulgativa da farsi in poesia e, parallelamente, in un percorso di confronto aperto e strutturato. L’esperienza di “Le Parole di Fedro”, blog di poesia da te fondato, è esemplare da questo punto di vista. Come nasce, allora, Le Parole di Fedro e come continua questo progetto?
Le parole di Fedro (www.leparoledifedro.it) nasce sei anni e mezzo fa come tanti semplici blog come contenitore delle mie sole scritture. Tuttavia, quasi immediatamente, e proprio per ciò che sopra dicevo, mi resi conto di quanto limitata e limitante fosse una simile operazione e, quindi, la pagina letteraria si è aperta subito alle scritture altrui, alla critica, ai dialoghi poetici, dotandosi di una splendida redazione, della quale tu fai parte, e di contributi esterni di valore.
Perché limitare tutto ai balzelli poetici di Sergio quando quegli stessi balzelli sorgevano e sorgono sempre e solo con tutto ciò che è altro da Sergio nella scrittura?
Non ero io da sempre, pur avendo scritto sin da piccolo, molto più lettore che scrittore? Potevo ignorare quel flusso di cui sopra parlavamo, quando lo sentivo essere alla base di ogni mia pulsione alla creazione tramite la parola?
E così “Le parole di Fedro” in un certo senso, passami la battuta, da contenitore è divenuto contenuto, in un certo senso è stato accolto da quello stesso flusso.
E la risposta dei lettori e di chi frequenta la pagina è molto confortante sulla validità, anche etica dell’operazione.
Le parole di Fedro è un vero e proprio laboratorio collettivo in cui diverse voci possono esprimersi e dove, per fortuna davvero, la voce di Sergio Daniele Donati è sempre più marginale.
Lo dimostra il successo di tante rubriche gestite da redattori e redattrici diversi da me e dei contributi “spot” di tante prestigiose penne che hanno eletto Fedro per depositare le loro profonde riflessioni.
Di questo io sono non solo contento, ma intimamente felice e soddisfatto.
C’è una sezione particolare di Le Parole di Fedro che ci ha particolarmente colpiti: Gli Echi di Fedro. Che senso ha, oggi ed in una poesia contemporanea altamente egoriferita ed eccentrica, strutturare un dialogo tra due o più poeti? Quanto è potente la constatazione di come la forza re-ontologizzante della poesia riesca a ritrovare soluzioni ancora più suggestive ed ancor più esaustive?
La parola ontologicamente ha la caratteristica di essere sempre eterodiretta. Anche la parola più intima, quella che finisce nei cassetti, per intenderci, e non viene pubblicata, ha in sé una spinta verso l’altro, verso ciò che non è quel personaggio sempre troppo ingombrante che chiamiamo “autore”.
La parola si completa e trova i suoi significati sempre nella mente, nel corpo e nel cuore di persona altra rispetto a chi l’ha scritta (anche se finisce nei cassetti sarà sempre un lettore, benché coincida con lo scrittore a dargli significato).
Quindi ogni parola, specie se poetica, è in sé dialogante, o aspira ad esserlo.
“Echi di Fedro” è un laboratorio della Redazione della pagina “Le parole di Fedro”.
La redazione si riunisce e determina, in un clima molto gioviale, dei binomi (o trinomi) di poeti a cui proporre di dialogare poeticamente assieme, sotto le linee guida di un “tutor”.
Non c’è altra consegna se non quella di creare un vero e proprio dialogo e quindi i testi debbono essere del tutto inediti e nuovi; non possono essere utilizzati testi che i due soggetti hanno ad esempio nel famoso straripante cassetto.
Per il resto, forme, lunghezze mezzi espressivi, ideazione sono del tutto liberi.
Gli esiti sono sempre stati straordinari e quasi sempre dai dialoghi emergono almeno tre voci: quelle dei due componenti del binomio e una voce terza; quella del dialogo in sé?
Ma in fondo non è così sempre? Non è così anche in una conversazione amicale al bar davanti a del buon vino?
Credo che per gli autori riscoprire l’essenza dialogica della parola sia una esperienza ricca e modificativa ma, ovviamente, dovreste chiedere a loro se concordano.
Esistono termini di confine tra il poetico ed il non poetico? Sono facilmente riscontrabili?
Probabilmente esistono ma sono linee di confine molto fluide e poco definibili. D’altronde la mia formazione giuridica non mi permette di non essere razionale. E pertanto, da buon ebreo, rispondo alla tua ricca domanda con un’altra domanda. Non avertene a male.
Per definire cosa e dove siano i confini tra poetico e non poetico dovremmo prima saper definire cosa sia “poesia”. Tu hai la risposta ad una simile domanda?
Io credo che quella che qui mi poni sia la domanda regina di chi scrive poesia ma, allo stesso tempo, non ho una risposta chiara e ben definita, ovvero manco di una risposta che non si fondi su un mio mero gusto personale.
E d’altronde posso io supporre che il mio gusto personale sia un criterio ermeneutico ed interpretativo, critico se vuoi, universale ed oggettivo?
Non mi sento proprio di dirlo.
Quindi, caro Giansalvo Pio, continuo a pormi quella domanda senza risposta diretta, perché mi suscita riflessioni profonde sui contorni ma il centro della domanda, quello che mi permetterebbe di risponderti, non è ancora mio; e temo che mai lo sarà.
Ti ringrazio davvero, e con te tutta la Redazione di Formafluens, per questa intervista che ho trovato davvero stimolante.
Sergio Daniele Donati (Milano – 1966), ha pubblicato per Il Leggio editore la raccolta poetica Amén (2024), per Divergenze edizioni il romanzo Tutto tranne l’amore (2023), per Ensemble edizioni la silloge Il canto della Moabita (2021), Mimesis edizioni (Collana dei Taccuini del Silenzio) il saggio E mi coprii i volti al soffio del Silenzio (2018). Sue poesie sono state pubblicate nelle antologie Pasti caldi giù all’ospizio (Transeuropa edizioni, 2023) e Riflessi. Rassegna critica alla poesia contemporanea (Edizioni progetto cultura, 2023) e Ogni sguardo su Milano (Chiare voci ed., 2024). Sue poesie edite e inedite e note critiche alla sua opera sono state ospitate da numerose pagine letterarie e quotidiani. Autore di numerose pre e postfazioni a raccolte di poesia contemporanea, collabora con numerose riviste letterarie cartacee e online. Fondatore caporedattore e curatore della pagina Le parole di Fedro (www.leparoledifedro.com) propone percorsi nel linguaggio poetico, con particolare accento su un approccio al dialogo poetico.

