Yuleisy Cruz Lezcano nata a Cuba, vive a Marzabotto, Bologna. Lavora nella sanità pubblica, laureata in scienze biologiche e ha ottenuto una seconda laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, titoli ottenuti presso l’Università di Bologna. Ha pubblicato numerosi libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi. Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blogs letterari italiani, di America Latina, Spagna e con il giornale letterario del Premio Nabokov. La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.
Elide Giordani
Perché non c’è mai nella poesie di Yuleisy Cruz Lezcan la zampata disperata della preda? L’unghiata tagliente che trancia l’aria e magari solo sfiora il predatore ma almeno lo fa sanguinare? Perché, sembra dirci la poetessa Yuleisy con accenti che scuotono, tutte le donne vittime di violenza, quella brutale che annega i corpi e strazia le anime, muoiono nel momento in cui il predatore vigliacco soverchia la loro debolezza e si fa rapace. Il loro è “Un urlo senza ascolto” come recita una delle composizioni della sua intensa silloge “Di un’altra voce sarà la paura” (Casa Editrice Leonida, 2024). Con questa raccolta, dove le voci sono solo strazio, vergogna, silenzio, Yuleisy Cruz Lezcan – che trova parole illuminanti in italiano pur essendo lo spagnolo (è nata a Cuba, ma lavora e vive da tempo in Italia) la sua lingua madre – si fa testimone di storie di donne che hanno vissuto l’incubo della violenza per mano di uomini più vicini alle bestie che agli umani: “scarafaggi giganti” che “ti mangiavano e ti mangiavano”, come emergono in un’altra composizione della silloge, “Punto assente”.
Yuleisy cerca spunto dalla cronaca (“Cento cani su una gatta”, e chi se la dimentica l’autoaccusa snervata e auto assolutoria di uno dei sette stupratori di Palermo?), ma anche dalle “idee che giacciono seminate” e “si accumulano nella memoria”. E se è vero che nella poesia c’è la verità e l’anima è nuda, non si può seguire la sua vena poetica senza farsi contaminare da una profonda empatia, una scossa emotiva tra parole che bruciano. Cosicché “Di un’altra voce sarà la paura” si fa urlo, riscatto, sorellanza, commozione, vendetta. Che non è inchiodare lo stupratore e flagellarlo cercando il suo sangue ma, con sorpresa (l’animo è gentile anche nella rabbia), “… il mio perdono sia il patto che ti accompagna fino all’infermo”. E non c’è soltanto l’orrore dello stupro di gruppo ma anche “Il tango suicida” che la vita ti ha portato a danzare con chi dice di amarti e invece mutila i tuoi sogni, ti fa “oggetto di una lenta / supina violenza”.
Ci sono tutti gli accenti della relazione malata tra un uomo e una donna, in questa pubblicazione di una poetessa tanto prolifica (18 libri, alcuni dei quali tradotti in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese ed anche in dialetto romagnolo) quanto apprezzata, che non invoca vendette che inveleniscono il sangue, guerre distruttive e suicide, ma reclama amore, rispetto ed accoglienza. Ed eccola un’altra forma di violenza, quella verso coloro che, raminghi per un avverso destino, “chiedono per i loro piccoli soltanto l’esistenza”, ma trovano un’umanità disidratata e indifferente.
In un poetare limpido e insinuante il libro di Yuleisy Cruz Lezcano si fa manifesto e denuncia ma anche canzone accorata che parla al cuore.