La forza delle visuali sta nell’essere sentenziose ed analitiche. Sullo spirito di sentenza di una visuale si potrebbe, certamente, dire molto in contrario. Eppure nei grammi di sabbia che sfuggono, nell’enigmaticità del non detto che aleggia, è tutto il segreto di una suggestione analitica. E’ possibile, in tal senso, una suggestione analitica? Certamente. Se per analitico, ovviamente, non intendiamo il rigore sistematico, ma la derivazione delle stesse suggestioni da un unico campo descrittivo-fenomenico. In quest’ottica costitutiva, allora, avremo lo spettro.
Ben venga lo spettro!
“VISUALI”
E se stringe la piazza del madianita, diventa deserto di un’anima: la relazione infima, tra chi traccia la parola e chi le dà l’aurora, è la pausa significante. Ci si accordi.
Non ho pretese di sentenze. L’unico motivo esatto per cui conti macchinare è solo il segno descrittivo: quel sospiro che raccoglie la parola e ne fa un organo.
Ogni organo non recrimina pulsioni: le assolutizza. La parola si dà in gestione al suo vuoto, al pensamento corporale, in suono e non suono, per dare una spinta; una mezza soglia che ci annunci la sua persistenza.
Basta una contraddizione per fornire la sostanzialità della parola. Così, la parola non persiste: si lascia persistere nel ritmo dell’indefinito. E quando trova il suo giorno, non ringrazia il segno, ne recrimina il tradimento della solidificazione.
Disse l’uomo l’ontologia: ed è vero l’elementare di un albero, malgrado “albero” – o in virtù di “albero” – e si guardi all’ostensione. Ecco l’argilla olistica della parola. Venite, adoriamo. Ecco l’interstizio che sonorizza, che ci dona un’unica apertura/chiusura di trachea. Venite, adoriamo. Ecco il silenzio.
Non è da tutti sentire il trinitario di un segno. Non basta la roccaforte, il consiglio cognitivo della pre-esistenza. Non è immagine la parola, malgrado il pittogramma confonda. C’era uno spirito prima della parola. C’è uno spirito con la parola. C’era un corpo prima della parola. C’è un corpo con la parola. C’è una visuale.
Parliamo alle visuali come si fa per i ladri notturni. La chiarificazione alfabetica è novità assoluta. Così il parto della parola è operazione. Movimento di significato: definizione che fa il padre, il figlio, lo spirito infinitamente.
Possiamo regredire nel cerchio, nel vissuto di un segno. Nessuna parola vuole luce. Ogni parola dà luce. Ed il luogo ritentivo dei genitori può dare peso. Residuo per ricchezza di vita. Ossigeno per respiro più ampio. Si muove la perturbazione.
Vale ogni volta la pena di tacere, per il gusto del bene o per l’attrattiva del silenzio. Siamo istruiti per tradirci. Siamo formati per lasciar fare, per lasciar essere.
E quando venne la frase, il miracolo non era iniziato: si era solo assestato. Il periodo periodico si abbevera dell’insensatezza: lo scheletro che espone il senso alla parola.