Nina Maroccolo
ANIMAMADRE a cura di Claudio Crescentini e Plinio Perilli
Associazione TraleVOLTE Roma

Cara Nina, di alfabeti vegetali ne abbiamo ragionato a lungo, in fusioni/effusioni telefoniche, le voci abbracciate. Gli alfabeti vegetali ci crescevano su pagine terrose: il tuo giardino microcosmo, vero laboratorio magico, il mio orto sul terrazzino scosso dal traffico della periferia, i tuoi eucalipti filosofici e arcobalenici, la mia faggeta percorsa con malinconica saggezza vegetale. Alfabeti vegetali, in apparenza alieni dall’antropocentrismo, eppure miracolosamente intimi all’animo degli umani. Alfabeti densi di rivoluzioni, illuminazioni, abitati da pensieri evolutivi, metamorfosi auree, macerazioni strazianti. Macerazioni vegetali, che per te non erano metafore astratte ma alchimie concrete, esplorazioni minuziose, esperimenti da poeta scienziata empatica, sul lento variare, trasformarsi, decomporsi della materia, infine trasmutata in arte. Con queste tue “Bianche spose” di traslucido e fragile ibisco, l’alfabeto vegetale delle macerazioni torna infine alla dimensione leggibile della forma umana – la snella figura della sposa avvolta di tulle – per regalarci una fiaba delicata e malinconica, ma anche potentissima. L’evocazione in filigrana dell’unio mystica, delle nozze mistiche, ci dice che l’anima tua si è allontanata da noi solo per ricongiungersi con il regno eterno dello spirito, in un matrimonio che non conosce gli accidenti né della materia né del tempo.  [Tua Tiziana Colusso]

Lode a Plinio Perilli che, insieme a Claudio Crescentini, ha voluto curare la mostra di Nina, pche unisce alcuni materiali della sua ultima mostra insieme a queste inedite LE BIANCHE SPOSE. La mostra è ospitata dall’Associazione TraleVolte di Roma, dal 18 aprile al 12 maggio. Riportiamo anche una toccante lirica di Plinio dedicata a questo tema delle Bianche Spose:

Le Bianche Spose
a Nina

Tu le hai vestite d’anima, Bianche
Spose che la Natura consacra,
battezza di linfa buona; proprio
nel mentre il candore le incorona
tenere principesse botaniche, nivee,
acquatili fanciulle che più non
appartengono né al Tempo né
allo Spazio, essendo invece levitate
a doni, essenze ideali dell’Amore.

Tu le hai asperse, scoagulate d’acqua
proprio perché il fluido potesse
danzare con loro ogni guizzo di futuro,
ogni salvezza che l’anima proietta
nei corpi, qui requisiti come gemme
in palpito, quasi-Veneri e ninfèe
inusitate, fulgidi fiori galleggianti:
ma non per vezzo d’impressionismo!

Affabulano, sì, un rito che galleggia
di luce, e la dissipa nutrendosene
dentro, impennando in gioco e gesto
una danza sinuosa di redenzione,
consapevole ben oltre il dolore,
le sue dolenti cesure e censure lievi
di patimento, che qui già avvengono
come raggi, rifrangenze della pietas.

Tu le hai ritratte e rimirate dentro
la pelle stessa della Luce, petali e
sepali, il passaggio dai petali agli
stami, i fasci vascolari che dall’asse
penetrano nei diversi momenti e
corpi fiorali. Corolla, calice, gineceo…
Ora, Vuoi tu prenderle in spose?…

Sì, io lo voglio. E credo che anche tu
lo volevi, lo volessi… Il linguaggio,
oh, fa sempre rito di se stesso: se poi
si rapporta a un fiore, come potrò
vestirlo, o denudarlo? Pistillo, ovario,
ricettacolo fiorale o talamo, perianzio,
androceo… Anch’io lo voglio – combaci.

Tutto è bianco, oh, Nina cara, tutto
s’imperla bianco, ha conquistato, inseguito
il bianco; il bianco che è sintesi nonché
metamorfosi di tutti i colori… Gioia
e dolore delle Bianche Spose!, loro che
come un miracolo, giurano, sussurrano
e poi proclamano l’Amore: sia all’ombra
che alla luce giurano, sacramentano “Sì”.

Il nome, è il bianco; il cognome, la specie
del fiore… Non la ricordo bene, eppure
abita, abitava il nostro piccolo giardino:
col tempo, fiori sempre più alti, svettanti
fino al secondo piano, 6, 7 metri dal suolo.
Fiori additati, impennati al Cielo, ma poi
in gioia a Terra ricaduti, seminati sogno!

Ibiscus? Chiedo agli amici. Lucio ne è quasi
certo: “Hibiscus syriacus, bianco/viola”…
Doris, giura, s’addentra scientista: “Hibiscus
Siryacus varietà Dansim”. E Lucio poeta/filosofo,
aggiunge gustose varianti: “O forse convolvolo bianco”…
Gemma, s’illumina radiosa: “Ibisco Chiffon bianco?”.

Famiglia Malvaceae, aggiungo io…Ma
un fiore sempre si reinventa, e questo sogno,
è famiglia della purezza. Basta nomenclatura!,
quando è la luce, l’origine?… Oh, ma lasciamo
che i fiori sboccino, sposino la propria identità.

Noi vogliamo che Le Bianche Spose danzino
solo gioia! Nude in bianco, vestite di bianco.
Tu le hai sognate d’anima, e l’anima le salva.

(14 aprile 2024)  Plinio Perilli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo poemetto è dedicato all’ultima produzione artistica di Nina Maroccolo (Massa, 1966 – Roma, 2023), decine di foto bellissime, tutte dedicate a una macerazione acquatile con l’ibiscus, da Lei stessa intitolata, immaginata come “Le Bianche Spose”. Un’emozione semplice e assoluta di questi bianchi petali che diventano vesti seriche e fulgide di nozze, forse, tra cielo e terra, luce e ombra

armoniose di ogni vero rapporto che ci decida e ci sposi felici.